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Stupore e quasi incredulità all’inaugurazione dell’edificio sacro intitolato a San Giovanni Bosco a Monserrato-Rizzeddu
SASSARI. Il rintocco delle campane non è stato necessario, una moltitudine di persone è accorsa domenica pomeriggio per partecipare all’inaugurazione della nuova chiesa di San Giovanni Bosco, in via Washington, nei rioni di Rizzeddu-Monserrato. In realtà, le campane non avrebbero potuto suonare a festa, perchè a completare la costruzione dell’edificio sacro, manca proprio il campanile, che dovrà essere costruito.
La chiesa, invece, «non pare beru e de beru», non sembra vero ed è vero - come ha detto il parroco don Piero Bussu -, è stata consacrata con una solenne cerimonia eucaristica presieduta dall’arcivescovo padre Paolo Atzei, insieme ai sacerdoti del Capitolo turritano e concelebrata dai vescovi di Alghero-Bosa, Mauro Morfino e l’emerito di Nuoro, Pietro Meloni.
Un rito suggestivo seguito sin dai primi momenti - con la preghiera nel chiostro - da un fiume di gente che già si era raccolta davanti al cancello di via Washington. È stato il vescovo ad aprire le porte della chiesa e in un attimo la navata ha accolto parecchie centinaia di fedeli che hanno assistito alla celebrazione e ai riti dell’unzione, di benedizione e dedicazione alla Santissima Trinità della chiesa intitolata a San Giovanni Bosco.
Una cerimonia intensa, accompagnata da stupore, meraviglia, emozione, sottolineata dai canti dei ragazzi del coro parrocchiale e dagli applausi che si sollevavano nei momenti salienti. Nessuno dei parrocchiani - e non solo loro - è voluto mancare alla celebrazione dell’evento.
Perchè sono trascorsi 42 anni da quando la parrocchia fu fondata. Con il parroco fondatore don Marcello Brangi che cominciò a dire messa in un vecchio capannone di Rizzeddu (quando ancora quell’area veniva identificata anche con spregio da mezza città, con il nome di Montelepre), fino a quando fu edificato il grattacielo e don Brangi ottenne di dare “una casa più dignitosa a Nostro Signore e ai suoi parrocchiani”: la chiesa trovò spazio in un salone al pianoterra del grattacielo. Un salone diventato fulcro per i credenti del quartiere e punto di riferimento di tanti ragazzini e giovani. (A dieci anni dalla morte, ieri a don Marcello è stato intitolato il nuovo salone parrocchiale). Intanto, dal quel 1970 in poi, di anno in anno maturava la speranza di realizzare una chiesa “vera”, ma quando si pensava potesse essere imminente la posa della prima pietra, c’era sempre qualcosa - cavilli burocratici, ma soprattutto mancanza di risorse -, a frapporsi e bloccare il progetto. Ne è buon testimone don Giampiero Satta, vice parroco per tanti anni. Il vescovo ha voluto ringraziarlo e lo ha citato anche don Bussu che ricordando il ministero sacerdotale in parrocchia anche di Angelo Demontis e Bastianino Ferracciu. A riuscire a dare la svolta, però, è stato proprio l’attuale parroco don Bussu. E quel suo «non pare beru» di domenica sera gli è davvero uscito dal cuore. Il parroco ha sottolineato la sofferenza patita quando a causa degli spazi angusti si “trasferivano” le funzioni religiose in altre parrocchie: ora le cresime, ora i matrimoni o «condividere la speranza della resurrezione». 42 anni di attesa: «Due anni in più dell’esodo, il tempo impiegato dal popolo ebreo per giungere alla terra promessa». Ma «abbiamo seminato ed entriamo in casa portando i nostri covoni. Il passaggio è stato compiuto».