La confessione di Justine Henin: «Poche persone credevano in me, ma avevo una profonda convinzione»
Nel podcast Tennis Insider Club, Justine Henin ricorda la sua infanzia e il suo sogno: sollevare il trofeo del Roland Garros e diventare n°1 al mondo, nonostante i dubbi riguardo al suo talento.
Justine Henin, conosciuta per il suo rovescio a una mano, ha conquistato i fan del tennis negli anni 2000, vincendo sette tornei del Grande Slam (inclusi quattro Roland Garros tra il 2003 e il 2007) e trascorrendo 117 settimane al primo posto nella classifica mondiale.
Un dominio che in molti non riuscivano a immaginare quando la belga, nella sua giovinezza, parlava del suo sogno di essere al vertice del tennis femminile. È quello di cui ha parlato nel podcast Tennis Insider Club condotto da Caroline Garcia e suo marito:
«Quando avevo sei anni, dicevo che volevo vincere il Roland Garros e essere n°1 al mondo. Guardavo Steffi Graf giocare al Roland Garros e ricordo ancora il suono della palla in televisione. È qualcosa di davvero speciale, questo torneo, la terra rossa... Dopo la finale, andavo nella mia stanza e giocavo la finale da sola, visualizzavo quello che volevo fare.
Era il mio sogno. Sollevavo il trofeo, chiedevo a mia sorellina di essere il giornalista che pone domande. Non mi sono mai chiesta se volevo fare questo (diventare una giocatrice di tennis). Venivo da una piccola città in Belgio, la mia famiglia non aveva nulla di particolare.
Ero anche un po' timida, non facevo molto rumore e non parlavo molto. Quando le persone mi chiedevano cosa volessi fare, rispondevo loro che volevo essere n°1 al mondo. Mi guardavano dicendo: 'Ok, sì, è un grande sogno.' È stato difficile anche per i miei genitori guidarmi, penso che i genitori non siano mai davvero pronti per questo.
Anno dopo anno, prendevo sempre più lezioni di tennis. I miei genitori mi hanno anche protetta perché poi è arrivata la Federazione, gli agenti... La gente diceva: 'È talentuosa ma un po' piccola. E mentalmente, sembra essere un po' fragile.' Quindi poche persone pensavano che avessi questo talento in me. Non vedevano la mia profonda convinzione.»