Garcia, pensierosa: «È davvero ragionevole spingere i nostri corpi a questo punto?»
Caroline Garcia non è più stata vista su un campo da tennis dal 21 marzo e dalla sua sconfitta contro Iga Swiatek a Miami. Colpita alla spalla, la francese è stata costretta a rinunciare al torneo di Roma.
Sul suo account X, ha voluto pubblicare una riflessione profonda sullo sport di alto livello e sugli infortuni che questo può generare.
«‘Se ci tenessi davvero, giocheresti nonostante il dolore’. Qualcuno me l’ha detto qualche settimana fa, dopo che avevo spiegato di non essere pronta a giocare.
Non è un attacco verso quella persona, ma piuttosto una riflessione su una mentalità alla quale siamo condizionati molto presto come atleti: come se giocare infortunati fosse una prova d’onore o una necessità.
Non fraintendetemi — la grandezza richiede sacrifici. Il dolore, il disagio, la lotta fanno parte integrante del percorso verso l’eccellenza. Ma c’è un limite che dobbiamo imparare a riconoscere e rispettare.
Recentemente, mi sono affidata quasi completamente agli antinfiammatori per riuscire a gestire il dolore alla spalla. Senza di loro, era invivibile. Negli ultimi mesi, ho ricevuto iniezioni di cortisone, trattamenti al plasma e altre cure, solo per poter continuare a gareggiare.
Non condivido questo per suscitare pietà, né per dimostrare di essere dura. Forse è persino il contrario. Mi pongo una domanda: è davvero ragionevole spingere i nostri corpi a questo punto?
Soffrire ogni giorno a quarant’anni — come conseguenza di anni passati a spingere i limiti — merita davvero di essere celebrato? O siamo andati troppo oltre, collettivamente, nel nostro rapporto con lo sport?
Guadagnarsi da vivere come atleta è un privilegio incredibile, e ne sono profondamente grata. Ma forzare il proprio corpo oltre i suoi limiti solo per restare in gara?
Forse quel confine non dovrebbe mai essere superato. Forse molte delle vittorie che la società glorifica… non valgono così tanto.»
Garcia, Caroline
Swiatek, Iga
Miami
Internazionali BNL d'Italia